Il mondo delle diete applicate allo sport è popolato da molti e diversi personaggi più o meno competenti o in buona fede: chiacchieroni, talvolta farabutti, che è bene saper riconoscere ed evitare (di solito questi ultimi propongono fantastiche certezze), ma anche scienziati e medici ben informati.
È noto a tutti che nello sport professionistico la dieta è una delle variabili più attentamente valutate: questo fa si che anche nei dilettanti, e nei cosiddetti amatori, i discorsi sul cibo siano particolarmente appassionanti.
Qui ci occupiamo però di salute, prima che di sport, ci pare dunque opportuno porre una domanda meno bizzarra di quanto potrebbe sembrare: ci interessa la salute o la prestazione? Vivere a lungo o vincere?
Purtroppo sport e salute non sono sinonimi; o meglio, più sport non vuol dire più salute.
Gli studi scientifici dimostrano che la vita sedentaria è per noi umani una specie di veleno e che una ragionevole attività fisica è una delle chiavi del benessere e del buon invecchiamento, ma nello stesso tempo ci dicono anche che l’aspettativa di vita degli atleti professionisti è inferiore rispetto a quella della popolazione media.
Se ci interessa la prestazione, ed è una domanda a cui dobbiamo rispondere facendo riferimento al nostro sistema di valori, allora ci sono molti esperti anche qualificati che ci possono aiutare ad ottimizzare questo aspetto. Spesso vengono suggerite diete sbilanciate sul fronte proteico che però, nel lungo periodo, sono dannose sia perché favoriscono, con vari meccanismi, i processi infiammatori, sia perché sovraccaricano il sistema renale.
Se ci interessa invece la salute, cioè vivere non solo a lungo ma anche invecchiando bene, allora le regole sono le solite: moderazione e varietà.
I dati statistici sui grandi numeri non tengono conto della storia e della genetica individuale, ma possono dare delle indicazioni interessanti giustificate dalle notevoli dimensioni dei campioni raccolti, evidentemente più significative dell’esperienza del singolo sperimentatore o del piccolo gruppo. Questi dati dicono che la dieta mediterranea, quindi mangiare moderatamente, soprattutto vegetariano, usando olio di oliva buono, in buona compagnia e variando spesso il cibo, è la migliore. Questo vale sicuramente per noi occidentali ed in particolare per noi italiani.
In realtà i cosiddetti “pesco – vegetariani”, cioè i vegetariani che un paio di volte alla settimana mangiano pesce, sono le persone con la maggiore aspettativa di vita.
A ruota seguono i vegetariani, poi gli onnivori, infine i vegani. Questi ultimi sono spesso vittime di alcune carenze alimentari, per cui la vita media di un vegano è più breve rispetto agli altri gruppi.
Tornando alla questione posta all’inizio, gli sportivi devono mangiare abbondante perché consumano di più, ma null’altro: i rapporti relativi tra gli alimenti non cambiano. Questo se mettiamo al centro la salute, naturalmente.
Da molti anni i dolcificanti artificiali sono entrati nell’uso comune. Vengono usati dalle persone che vogliono limitare l’apporto calorico al posto dello zucchero ma anche nell’industria alimentare per almeno due motivi: costano pochissi...
Il problema della continuità della terapia, la cosiddetta aderenza terapeutica, si è dimostrato di grande rilevanza soprattutto per la salute degli anziani che devono assumere molti farmaci quotidianamente.
Ci sono molti motivi per cui la pressione arteriosa varia molto durante la giornata: l'orario, le attività, le emozioni, i pasti.
L’idea che un integratore sia importante per una buona abbronzatura è abbastanza diffusa; si può considerare un buon successo della pubblicità, ma non per questo un’idea giusta.
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