Dormire è tutt’altro che “non essere svegli”, non è scomparire dalla vita: è un’attività fondamentale per la vita, solo che si svolge in assenza della nostra coscienza. Ed è molto interessante.
Il sonno non è tutto uguale: osservando le onde celebrali con l’elettroencefalogramma si possono riconoscere alcune fasi tipiche, con degli andamenti costanti. In pratica ci sono fasi che portano verso il sonno profondo, quello senza sogni, e poi ci sono dei momenti caratteristici, più radi all’inizio del sonno e più frequenti ed estesi verso la fine, in cui i sogni sono molto presenti. Questa fase particolare si chiama REM, acronimo delle parole inglesi “movimenti oculari rapidi” che descrivono l’aspetto più facilmente osservabile di questa modalità di dormire.
Per sapere qual è il sonno giusto bisogna capire a cosa serve il sonno: non solo per riposare muscoli e cervello, quindi, ma anche per rileggere, riposizionare e consolidare nel ricordo le informazioni, le emozioni, le competenze che si sono apprese, sviluppate o vissute durante il giorno. L’apprendimento, pare strano, avviene davvero soprattutto dormendo, quando il cervello si riorganizza proprio dal punto di vista fisico, consolidando le connessioni tra i neuroni che si ritengono importanti, di solito le più emozionanti, e tagliando quelle che non servono, le azioni scontate o già conosciute.
I bambini piccoli, che devono imparare un’enormità di cose (dal movimento al linguaggio), e che hanno quella che si dice una grande “plasticità neuronale”, cioè una grande capacità di creare nuove connessioni celebrali e quindi nuova memoria, dormono moltissimo; man mano che si invecchia, e si è più disponibili a usare l’esperienza che non ad accogliere nuovi saperi, si dorme molto meno e si ricorda meno.
Il sonno con i sogni, da questo punto di vista, è il più importante: quindi un sonno sano per la nostra mente è quello che non interrompe i sogni, quello con il risveglio naturale. Se si usa la sveglia, dormicchiare un po’ prima di alzarsi è molto efficace in termini di “produzione di sogni”.
I farmaci per dormire, invece, modificano sempre il tipo di sonno incrementando quello profondo a discapito del sonno REM. Questo può essere utile o indispensabile se non riusciamo a dormire in altro modo, e ci permette di essere svegli il giorno dopo, purché non si usino farmaci con durata di azione troppo lunga, che ci lasciano intontiti. In ogni caso sempre per brevi periodi: nel lungo periodo infatti, l’uso dei farmaci può portare a problemi sottili, come diminuire la nostra lucidità, la capacità di capire cosa è utile, la nostra capacità di imparare e la nostra creatività, cioè la capacità di inventare soluzioni nuove ai problemi della vita.
Dormirci su, ma dormirci bene, è davvero una buona soluzione.
Una piccola notazione storica: prima dell’avvento della corrente elettrica le persone andavano a dormire molto prima di ora, ma per loro un risveglio notturno anche prolungato, dopo il primo sonno profondo per recuperare la stanchezza della giornata, era considerato normale. Non solo, era anche l’occasione per fare qualche attività, per incontrarsi, badare ad interessi personali, prima di riaddormentarsi per la seconda parte del sonno. Il sonno continuo era considerata una “cosa da bambini”.
Un risveglio lento e naturale da un sonno senza farmaci ha anche un altro effetto significativo: il nostro cervello infatti si risveglia “a strati”, così come si è evoluto. Prima le attività vitali (che non si sono mai addormentate), poi le emozioni, poi i pensieri e la coscienza, e solo alla fine i “freni inibitori”, cioè le regole che ci siamo dati attraverso l’educazione per garantire il vivere civile. I freni inibitori servono, ma bloccano la nostra creatività. Svegliarci lentamente ci permette di passare un po’ di tempo in compagnia delle nostre idee, la coda dei nostri sogni, senza l’intervento dei “gendarmi della realtà”. È lì che nascono le idee migliori.
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