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Osteoporosi e farmaci

Ci sono putroppo alcune situazioni in cui non è possibile evitare di usare dei farmaci che favoriscono l’osteoporosi. Conoscerli può essere importante per essere motivati a controllare periodicamente lo stato delle ossa con adeguate indagini strumentali, a bilanciare il danno da farmaco con un’attività fisica adeguata, quando possibile, e a fare un uso più attento dei farmaci stessi.

Ossa e cortisone
L’assunzione protratta di farmaci cortisonici ha un effetto negativo sulle ossa, aumentandone la fragilità. Per questo motivo chi deve assumere questi farmaci (ad esempio Medrol, Deltacortene ecc.) per un tempo superiore ai 3 mesi è invitato ad assumere anche i bifosfonati (ad esempio Bonviva, Alendros, Fosamax), farmaci che rallentano la degradazione ossea permettendo quindi un riequilibrio della massa totale. Questa situazione è tipica delle malattie autoimmuni, come la sindrome di Sjogren, l’artrite reumatoide, le connettiviti e le vasculiti. Anche patologie respiratorie come la broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO) o l’asma grave, pure se trattate solo con la somministrazione inalatoria di cortisone che è assimilabile a una somministrazione locale e non sistemica, dal momento che questa è mantenuta per un arco temporale pari a quasi tutta la vita della persona comportano un assorbimento generale tale da compromettere la salute delle ossa esponendole più facilmente a fratture.

Ossa ed estrogeni

La menopausa è un fattore di rischio per l’osteoporosi perché il calo degli estrogeni circolanti porta a una minore capacità di rigenerazione delle ossa e a un aumento dell’attività delle cellule che le demoliscono. Diminuisce anche la capacità di assorbire la vitamina D (cala il numero dei recettori a livello intestinale) e la sua trasformazione nel metabolita attivo. L’uso quindi per periodi prolungati di farmaci che riducono il livello di estrogeni (come il tamoxifene o il letrozolo, usati in caso di tumori al seno, e numerosi altri) accelera la degradazione dell’osso. È quindi opportuno un monitoraggio relativamente frequente della massa ossea in modo da attuare l’eventuale intervento farmacologico prima che ci sia un’osteoporosi avanzata.

Ossa e antiepilettici

Gli antiepilettici, sia carbamazepina (Tegretol), fenitoina (Dintoina) e fenobarbital (Gardenale) che il valproato (Depakin) è noto aumentino il rischio di osteoporosi. Anche questi farmaci, pur avendo un effetto lieve e non ben conosciuto nei suoi dettagli, sono usati per periodi molto lunghi, talvolta per tutta la vita. I pazienti che li usano, specialmente se con altri fattori di rischio (come l’immobilità) vanno monitorati con attenzione.

Ossa e antiacidi

I farmaci antiacidi a base d’idrossido di alluminio (Maalox ecc.) se usati continuativamente per più di 18 mesi hanno dimostrato un effetto negativo sulla densità ossea perché diminuiscono l’assorbimento del calcio e dei fosfati, che sono i costituenti principali della parte minerale delle ossa. Lo stesso effetto, per motivi diversi, lo hanno i cosiddetti protettori dello stomaco (come pantoprazolo, lansoprazolo ecc.) che diminuiscono stabilmente l’acidità dello stomaco. Anche qui si tratta di farmaci usati troppo spesso per periodo molto prolungati.

 

Oltre a questi farmaci che interferiscono con la struttura dell’osso vanno naturalmente considerati quelli che possono favorire le fratture per altri motivi: i principali sono i sonniferi, le famose benzodiazepine e simili (Tavor, EN, Stilnox ecc) che da un lato riducono il tono muscolare, dall’altro interferiscono con l’attenzione. Il loro consumo è una delle cause più frequenti di cadute e quindi di fratture negli anziani.

 

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