Normast, Lipease forte e Tiobec dol, sono tre integratori che si stanno guadagnando un certo spazio nelle farmacie. Come accade sempre più spesso il limite tra integratore e farmaco è indistinto: integratori alimentari che vengono usati come farmaci.
La principale sostanza che contengono, quello che potremmo chiamare principio attivo, ha un nome impronunciabile: palmitoiletanolamide, più semplicemente PEA.
PEA è un endocannabinoide indiretto, cioè una sostanza derivata dagli acidi grassi delle membrane cellulari quando sono danneggiate (da una ferita, ad esempio) che, trasformata dall’organismo, va ad attaccarsi agli stessi recettori a cui si attaccano i principi attivi della cannabis.
E’ una droga quindi? Certo che no.
I recettori sono delle grosse proteine presenti nelle cellule a cui normalmente si attaccano sostanze prodotte dall’organismo per ottenere un “risultato”: produrre altre sostanze, stimoli nervosi, risposte di vario tipo.
La cannabis agisce su una serie di questi recettori perché alcune sostanze che contiene (THC, quella che contribuisce anche allo “sballo”, e CBD, più che altro rilassante) assomigliano (come forma) a certe molecole secrete dal nostro corpo. Il PEA agisce solo su alcuni di questi recettori, e non quelli “psicoattivi”: su quelli presenti nei “sensori” del dolore (sensibili al THC), e su alcuni del sistema immunitario, collegati all’infiammazione (sensibili al CBD).
Agendo su tutti 2 questi bersagli si inibisce in modo interessante il dolore: sia direttamente, quindi, che diminuendo l’infiammazione.
Quindi PEA non fa altro che imitare una risposta naturale dell’organismo al dolore quando viene ferito; ma probabilmente la sua attività è più complessa, come spesso accade: PEA si trova in concentrazioni significative nel sistema nervoso, ad esempio, e sappiamo che nel controllo del dolore ha molto peso lo “stato d’animo”.
In teoria, quindi, potrebbe avere un’efficacia interessante, ma nella realtà?
Gli esperimenti “in vitro”, quindi su cellule o tessuti isolati, hanno dimostrato una riduzione dell’infiammazione. Nella pratica non ci sono studi “robustissimi”, ma alcune sperimentazioni hanno dato risultati interessanti soprattutto in alcuni tipi di dolore non facilmente gestibili: il dolore neuropatico, il dolore pelvico (sindromi mestruali, neuropatie, endometriosi), quello sciatico, nel tunnel carpale, nell’artrite, dimostrandosi confrontabile con l’ibuprofene (Brufen ecc).
Una molecola interessante, quindi, anche perché non pare si siano notati effetti collaterali ai dosaggi consueti (300 /600 mg al giorno): al contrario di altri farmaci contro il dolore, quindi, c’è una tollerabilità ottima.
Ne abbiamo viste di tutti i colori: persone da sole in macchina o in mezzo ad un bosco con la mascherina (perché?) o altre che per parlarti si avvicinano a 50 centimetri e se la abbassano.
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