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Memoria e paura di dimenticare: come mantenere una memoria che funziona

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La memoria, si sa, cambia col tempo. Da giovani si è pronti a ricordare quello che accade, ma anche a dimenticare qualcosa che non ci interessa (soprattutto i piccoli dispiaceri), totalmente proiettati in un futuro tutto da costruire. Dimenticare quello che non ci serve ci salvaguarda dai traumi, dalla sfiducia, dalla paura del futuro, ci fa stare nel presente pronti a cogliere, ed a fissare, le esperienze che ci fanno crescere.

Da vecchi invece i ricordi del passato continuano ad affiorare, fino a essere quasi rivissuti, mentre la memoria a breve, quella che ci fa ricordare dove abbiamo appoggiato gli occhiali o le chiavi di casa, è sempre più incerta.

È facile intuire che queste due attitudini della memoria sono coerenti con due diversi approcci alla vita: quella tutta da affrontare dei giovani, proteggendosi dai rimorsi degli inevitabili errori ed incoraggiando l’attenzione, e quella, lunga e tutta da ricordare dei vecchi, magazzini di esperienze ormai più portati ai bilanci, al riassaporare, che al progettare il nuovo (sempre con le dovute eccezioni).

La memoria è quindi uno strumento per vivere che si aggiorna in funzione dei bisogni.

Qualsiasi sia età della vita, però, c’è qualcosa che serve a ricordare: l’emozione di cui si fa carico l’immagine, il fatto, l’azione; quello che diventerà un ricordo.

Maggiore è il coinvolgimento emotivo, maggiore sarà la capacità di fissare il ricordo.

Se una cosa ci interessa davvero, se c’è emozione, se ci coinvolge, se per noi è davvero importante, il sistema emotivo porterà il suo grande peso nel processo di fissazione del ricordo. Col tempo, soprattutto durante il sonno, l’emozione vissuta aiuterà la creazione di quelle connessioni neuronali, quella miriade di contatti tra reti di cellule nervose nel cervello, che faranno sì che sia facile, nel futuro prossimo o distante, ripercorrere mentalmente quelle immagini, quei fatti, quelle azioni, quelle emozioni: cioè ricordare.

Da tutto questo due piccole considerazioni:

  • la prima è che, probabilmente, nella facilità di dimenticare di molti anziani c’è un sostanziale disinteresse per il presente. L’attenzione viene nutrita dalle cose importanti: cosa ci interessa davvero nella nostra vecchiaia? Questa è una domanda che vale la pena di farsi.
  • La seconda è che se l’attenzione è il nutrimento dei ricordi, la paura di dimenticare (una paura molto emozionante) distoglie una buona fetta dell’attenzione. Ne rimane quindi meno per attivare il processo di consolidamento dei percorsi neuronali, cioè del ricordare.

Niente di meglio, quindi, per perdere la memoria che “aver paura di perdere la memoria”. Se ci teniamo ad una vita attiva, presente e ricca, questo è un terribile circolo vizioso da cui stare assolutamente alla larga. Anche qui la paura è davvero una cattiva compagnia.

Niente paura, quindi, di dimenticare: mai lasciarsi intimorire.

Se poi abbiamo voglia di mantenere una buona memoria anche da anziani, nutriamola piuttosto di futuro: di speranze, di progetti, di desideri. Se non saranno i nostri, ma quelli per qualcuno cui vogliamo bene, ai fini della qualità della nostra vita funziona uguale.

 

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/28914221

https://www.farmaciazanini.it/index.php/articolo/ricordarsi

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