La rabbia, o collera, è un sentimento profondo che nasce negli strati evolutivamente più antichi della nostra mente. Negli animali cresce e decresce molto rapidamente, legata alle frustrazioni immediate. Negli uomini (e nelle donne) è filtrata da una grande mole di relazioni culturali, emotive, sociali, istintuali e biografiche, e ha un movimento più lento e talvolta, purtroppo, persistente. Nei bambini è il lascito fondamentale di abusi ed abbandoni, le situazioni in cui la sofferenza per l’impotenza è portata ai massimi livelli.
La collera ci trascina con sé, è forse il sentimento negativo più difficile da controllare. Il monologo interiore che la genera a livello conscio è spesso seduttivo e corroborante; nello stesso tempo, anche quando soddisfatta da un risultato di qualche tipo come una vendetta riuscita o un gesto che annienta la nostra difficoltà o il nostro avversario, è sostanzialmente sempre spiacevole. Questo è il motivo per cui possiamo essere spinti a imparare a prevenirla e gestirla.
Tutte le volte che siamo ingiustamente aggrediti, frustrati, violentati nei nostri desideri o bisogni, la tendenza emotiva è quella di riallineare, il più velocemente possibile, la realtà ai nostro desideri più profondi. Un gesto rapido, violento, lo sfogo di una rabbia, l’accesso di collera magari sottile ma comunque forte e prevaricante.
Dal punto di vista “energetico” la rabbia è uno dei sentimenti più negativi e costosi, perché ci svuota di ogni forza tesa a costruire il nostro benessere. Anche fisicamente, nella postura come nelle nostre funzioni fisiologiche, il costo in termini di stress costante legato al prolungarsi della collera, magari sottotraccia, è molto elevato. La rabbia porta ad una serie di modificazioni che sono complessivamente negative: siamo in grado di peggiorare molti parametri fisiologici e danneggiare molti equilibri, compreso quello, per quanto possa apparire strano, con l’ecosistema microbico che ci abita a livello intestinale, peggiorando quindi anche la nostra relazione con gli alimenti e diminuendo l’efficacia della nostra risposta immunitaria. Non è un caso che il primo rimedio è un banale quanto fondamentale gesto fisico: un respiro lento e profondo.
La nostra mente ha man mano imparato a governare la collera, attraverso il ragionamento, la pressione sociale e culturale, l’esperienza della sua inefficacia, ma rimane una forza notevole.
L’antidoto non è mai quello di lasciarla sfogare: è un sentimento che tende al autoalimentarsi, a nutrirsi dell’infelicità che essa stessa genera in noi stessi e intorno a noi, sommando spesso tutta una serie di frustrazioni, non necessariamente tra loro connesse, fino a raggiungere il livello dell’esplosione.
La via di uscita dalla collera, oltre che nel respiro, è spesso nel ragionamento che ci permette di guardare le cose da un punto di vista diverso, mettendo in discussione i pensieri che l’hanno generata. La distrazione, con l’accesso a pensieri diversi e piacevoli (cambiare ambiente, muoversi e quindi respirare) è un secondo modo di vedere le cose diversamente.
La prevenzione però passa solo attraverso la ricostruzione ed il mantenimento di relazioni di affetto e fiducia.
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