Gli isotopi radioattivi dello iodio sono componenti del rilascio radioattivo dovuto a un grave incidente nucleare ed è noto che possono causare tumori alla tiroide.
Gli ormoni prodotti dalla tiroide (tri-iodotironina e tiroxina) sono essenziali per il normale sviluppo del sistema nervoso dei bambini e negli adulti influenzano le funzioni di pressoché tutti gli organi. Entrambe le molecole contengono iodio, elemento che viene assunto con l’alimentazione ma che può essere assorbito anche per inalazione.
A Chernobyl dopo l’incidente del 1986 si è verificato un aumento di 100 volte nell’incidenza di tumori tiroidei infantili ed è consolidato che la causa sia stata lo iodio radioattivo rilasciato. L’aumento dell’incidenza si è osservato in aree a 500 km di distanza e non esiste un’area la cui distanza da un eventuale incidente si possa dire sicura. La stima del rischio di cancro varia in base alle dosi di radiazione assorbita e all’età della persona, con una diminuzione degli adulti rispetto ai bambini. Il cancro tiroideo indotto dalla radiazione comunque ha una mortalità molto bassa, anche se richiede trattamento vita natural durante.
Lo iodio radioattivo può essere assunto sia per inalazione, quando la nube radioattiva arriva in zona, che per ingestione attraverso gli alimenti coltivati nei campi contaminati.
Lo ioduro di potassio, che si trova in alcuni integratori in farmacia ma a dosaggio troppo ridotto, così come nel sale iodato, può bloccare o ridurre l’assorbimento e l’accumulo di iodio radioattivo nella tiroide “saturandola” di iodio. La profilassi va messa in atto subito e può aiutare anche contro il radioiodio assunto con l’alimentazione. Il dosaggio consigliato è di 100 mg in dose unica agli adulti, una volta al giorno o meno in base all’età. Va evitato in chi ha patologie tiroidee, ipersensibilità nota, dermatite erpetiforme o vasculite. Per avere il massimo dell’efficacia va preso il prima possibile.
In ogni caso per la sua preparazione e acquisto in farmacia è necessaria la ricetta medica.
In Polonia nel 1986 fu somministrato a 10 milioni di bambini (a dosaggi di 30 mg nei neonati), con un’incidenza di effetti collaterali di meno di 1 su 10 milioni nei bambini e 1 su un milione negli adulti al dosaggio di 100 mg al giorno.
Se l’incidente ad una centrale nucleare avvenisse a 1500 km di distanza, avremmo tutto il tempo di pensare se assumerlo o meno perché un eventuale nube radioattiva impiegherebbe un certo tempo prima di raggiungerci.
Il potenziale beneficio della profilassi è maggiore nei giovani: nei bambini e fino ai 18 anni i benefici supererebbero tranquillamente i rischi, oltre i 40 anni il bilancio pende dalla parte dell’inutilità dell’intervento.
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