Per decenni ci hanno raccontato che la genetica avrebbe risolto un gran numero di malattie, ma le attese si sono dimostrate esagerate: oggi si sa che non sarà così, ma il ruolo della genetica in medicina rimane importante.
Ci sono alcune malattie con una componente genetica chiara, e forse qualcuna si curerà “aggiustando” il Dna, ma saranno poche: la maggior parte vede coinvolti moltissimi geni in una relazione molto complessa tra loro e con altri fattori.
Un importante aiuto della genetica è invece nel distinguere se certi farmaci funzionano o no per una determinata persona: sempre di più si scoprono farmaci efficaci solo su pazienti con certi caratteri genetici, oppure destinati solo a malattie identificabili geneticamente, come alcuni tipi di tumore al seno.
Ma i nostri geni sono pochi: qualche decina di migliaia non sono sufficienti a descrivere la nostra complessità.
Ecco allora entrare in campo l’epigenetica (i caratteri ereditabili ma non genetici che modulano quello che i geni fanno) e le multiformi attività dei pezzetti di materiale simile ai geni, i Micro-RNA. Tutto questo ha demolito il concetto iniziale della genetica: un gene = una funzione. Ci si rende conto che la complessità è molto maggiore del previsto.
Per complicare ulteriormente le cose si deve considerare anche il contributo, in termini di geni, di tutto il mondo che ci abita: miliardi di microbi.I geni dei nostri microbi sono migliaia di volte in più rispetto ai nostri.
I geni dei microbi con cui conviviamo si trovano poi dispersi nel sangue, così come il loro Micro-RNA, e talvolta interagiscono anche con le nostre cellule. Per questo motivo oggi non si osserva più solo cosa “fanno” i microbi, si guarda che geni portano. Si parte quindi dall’ipotesi, un po’ spiazzante per il senso comune, che quello che serve, in realtà, sono i geni e non tanto gli organismi.
La tecnologia aiuta: non si andrà più a vedere se c’è un microrganismo resistente agli antibiotici con la coltivazione dei batteri, ma si andrà vedere se c’è il gene della resistenza ad un farmaco specifico; non si farà più solo una prova per vedere se funziona un certo principio attivo, ma si cercherà se c’è il gene in grado di attivarlo, e così via.
La conclusione è sempre la stessa: tutto molto più complicato di quello che sappiamo.
Ma se i microbi sono così importanti, come possiamo “governare” questa complessità?
La cosa migliore è “guardare da lontano”, vedere il risultato lasciando agli iper-specialisti ed alla scienza il compito di cercare di capire il dettaglio ed inventare nuove terapie.
Quindi: le buone abitudini in termini di stile di vita ed alimentazione, un buon equilibrio con l’ambiente esterno e con i nostri microbi, questo è il massimo che possiamo fare.
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