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Fluimucil: quando serve?

Nei mesi invernali l’acetilcisteina, il principio attivo del Fluimucil, è molto richiesta, a tal punto da esaurire talvolta le scorte dell’industria.

Ci sono però farmaci molto prescritti e molto usati della cui utilità, a uno sguardo attento, è lecito dubitare.

La sostanza che dà forma al muco, la mucina, è un polimero fatto da tanti “pezzetti”, dei moduli uniti da un legame chimico particolare tra due atomi di zolfo. I mucolitici, di cui il più usato è proprio l’acetilcisteina, depolimerizzano la mucina rompendo i legami disolfuro che legano tra loro questi pezzetti. Questo è molto chiaro negli studi “in vitro”, ma nella realtà del corpo umano le cose sono differenti.

Se si guardano gli studi fatti con criteri scientifici robusti l’acetilcisteina risulta inefficace come mucolitico: non è stata mai dimostrata una modificazione della consistenza del muco in vivo o una facilitazione dell’espettorazione dopo somministrazione orale né a dosaggio normale né con quello doppio. L’esperienza soggettiva è talvolta di un qualche beneficio, ma non è da escludere che questo dipenda dall’idratazione che di solito accompagna la sua somministrazione sia per via orale che in aerosol.

L’acetilcisteina è metabolizzata molto rapidamente dal fegato per cui è poco biodisponibile, non più del 10%: il resto (90%) è rapidamente distrutto. Nei siti dove ci si aspetterebbe che sia efficace (bronchi, espettorato nasale ecc.) non si è mai osservata una presenza tale da giustificarne l’effetto dopo somministrazione orale.

Usata in aerosol fluidifica effettivamente le secrezioni per qualche minuto dopo la somministrazione (10 minuti circa), ma anche in questo caso è molto dubbia l’utilità clinica.

Anche nelle malattie più serie caratterizzate da un eccesso di muco, come nella fibrosi cistica o nella BPCO (broncopenumopatia cronica ostruttiva), dove è utilizzata a dosaggio molto alto (1200 mg/die) il significato clinico è giudicato controverso o poco giustificato a seconda degli studi: la medicina detta EBM (basta sulle evidenze) non lo consiglia. Un effetto che qualche studio giudica interessante è quello antiossidante, forse responsabile della riduzione delle riacutizzazione nella BPCO, ma solo a dosaggio molto alto. Anche qui siamo più nel campo delle ipotesi che nelle certezze e nelle patologie stagionali non sembra che l’uso come antiossidante ne giustifichi l’uso.

Quando serve allora?

Dove l’efficacia si dimostra indiscutibile è come detossificante nell’overdose da paracetamolo, sia acuta che cronica. Il paracetamolo è metabolizzato dai reni, ma se assunto in dosi tossiche (per sovradosaggio o insufficienza renale) si attiva il metabolismo epatico che però è facilmente responsabile di gravi epatiti, tali da poter richiedere il ricovero o addirittura un trapianto di fegato. L’acetilcisteina è in grado di ripristinare il metabolismo epatico salvando il fegato dall’epatite.

Tutt’altro che inutile, quindi l’acetilcisteina, ma non nella tosse, in cui è francamente superflua soprattutto al dosaggio consueto, cioè 600 mg/die: una buona idratazione, anche con l’aerosol di fisiologica, è probabilmente più efficace.

 

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