Cosa c’entrano fatti, informazione e salute?
La questione è la seguente: la nostra salute risente moltissimo dell’ambiente in cui viviamo e di come lo percepiamo. Per stare bene non basta mangiare correttamente, fare movimento, non fumare e mettere in atto tutte le strategie di prevenzione che ogni giorno ci vengono ripetute. Ci vuole anche un ambiente sano, che è fatto non solo di aria buona e bel paesaggio, ma anche da un contesto relazionale e sociale adeguati.
Se i nostri rapporti interpersonali ci fanno stare male, se litighiamo con moglie, marito o fidanzati, se i figli ci portano solo preoccupazioni, se non abbiamo una prospettiva di futuro, stiamo male e ci ammaliamo più facilmente. Se non troviamo lavoro, se non abbiamo le condizioni minime per vivere, rischiamo moltissimo per la nostra salute. Tutto questo è ovvio e lo sperimentiamo quotidianamente, ma anche studi epidemiologici lo dimostrano con forte evidenza. La salute quindi non è solo una questione d’impegno personale, ma anche di società e quindi di scelte politiche (il governo della polis).
Più sottile e nascosto è il tema dell’informazione. La nostra visione del mondo, da cui conseguono le nostre scelte, si forma e si consolida in gran parte su due pilastri: le nostre esperienze dirette e ciò che leggiamo o sentiamo attraverso i media (social o tradizionali).
Spesso le nostre esperienze dirette sono abbastanza positive: abbiamo dei buoni vicini, dei discreti compagni di lavoro, una rete sociale di relazioni con cui ci confrontiamo positivamente e che in una situazione difficile ci viene in aiuto; altrettanto spesso il mondo descritto dai media è negativo, conflittuale, problematico, brutto, ansiogeno.
È veramente così il mondo?
La maggior parte dei dati statistici ci dice il contrario: diminuiscono i conflitti (anche se ce ne sono ancora moltissimi), una buona fetta dell’umanità sta uscendo dalla povertà (anche se sono ancora moltissimi i disperati), la maggior parte delle persone si comporta onestamente (anche se esistono sempre i furbi e i farabutti), i servizi forniti dal sistema pubblico tendono a migliorare (pur con molte contraddizioni). Su questo sono stati scritti libri ben documentati: eppure la descrizione della realtà fatta dai media è molto peggiore di quella vera. A volte scopriamo che quasi sono due realtà differenti.
Perché? È semplice: conflitti, paura, ansia, problemi, omicidi ecc. sono molto più interessanti della normale vita. Non a caso film di guerra, libri gialli, canzoni di amori tristi e altre storie simili sono per noi le più accattivanti. I media vendono meglio le notizie brutte, le difficoltà e i problemi rispetto alle notizie buone che pure esistono. L’informazione è condizionata inevitabilmente da questa tensione commerciale, dal problema esclusivamente economico di vendersi.
Se teniamo conto di questo, forse, possiamo mettere un filtro tra l’informazione e la nostra vita. Possiamo, e probabilmente sarà bene che lo facciamo, guardare con più attenzione alla nostra esperienza diretta (di solito positiva per la maggior parte di noi) e riequilibrare con un po’ di serenità il peso dei messaggi che ci inviano i media.
E per contribuire anche noi al benessere collettivo possiamo fare un piccolo gesto quotidiano, uscire dall’abitudine di raccontare qualcosa di negativo o di lamentarci, per renderci più interessanti agli occhi dei nostri interlocutori: chi di noi non l’ha mai fatto?
Tutto questo genera l’ambiente che noi percepiamo ed ha molto a che fare con la nostra salute.
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