Questo articolo non vuole essere una raccomandazione, piuttosto un’occasione per riflettere.
Ogni tanto è una buona cosa, per la nostra salute, prendersi qualche minuto e ragionare su argomenti importanti della vita, anche se non legati alle emergenze della quotidianità.
Nel mondo occidentale, in cui siamo nati e dei cui valori siamo permeati, è comune chiedere all’individuo delle prestazioni sempre maggiori, sia nel lavoro, che nella vita di relazione che addirittura nel tempo libero. L’idea della crescita continua di possibilità e realizzazioni o semplicemente di conoscenza ed esperienza è così profondamente in noi da non farci mai pensare alla domanda: ha senso questo?
È una bella domanda, vale la pena di rifletterci.
Ma non è questo che vogliamo mettere al centro della nostra attenzione in questo momento. Ci interessa la salute, perché sappiamo che solo in buona salute siamo liberi di poter scegliere quello che vogliamo fare della nostra vita e come occupare il tempo.
La buona salute è quindi un elemento essenziale, la condizione che ci permette anche di metterci alla rincorsa delle prestazioni, se è questo che ci interessa davvero.
La buona salute è la capacità di “guarire” rapidamente e completamente da tutte le “malattie”, da tutti gli stimoli (stress) negativi, le imprevedibili difficoltà, che la varietà della vita pone sul nostro cammino: di vincere cioè le nostre sfide con l’ambiente in cui viviamo, prima che questo ci sconfigga, e che quindi ci ammaliamo sul serio.
È evidente che questo ha a che fare con il nostro corpo e con la nostra mente, la nostra vita psicologica, relazionale, spirituale. Sappiamo ormai tutti che questi due elementi non sono distinti, che non esistendo l’uno senza l’altro e vivendo assieme da una vita, qualsiasi acciacco dell’uno corrisponde ad una sofferenza dell’altro. In effetti questa realtà è più importante di quanto possa apparire. Spesso ci fissiamo con un po’ troppa insistenza su “quello che ci combina il nostro corpo”, dimenticandoci che non è qualcosa di staccato o diverso dal “noi” che ci sentiamo di essere. Varrebbe la pena di riflettere un po’ anche su questa faccenda…
Ma vorremmo mettere a fuoco un’altra questione, di cui il corpo è il protagonista.
Quante volte ci accorgiamo che qualcuno pensa di avere vent’anni anche se ne ha cinquanta? A osservare queste situazioni dall’esterno viene quasi da ridere: si vedono persone già a ventotto o trent’anni che hanno dei problemi perché pretendono dal loro corpo di essere quello di quando avevano quindici o diciotto anni (e magari si fanno male cadendo con la mountain bike o giocando a pallone). Figuriamoci cosa succede quando una persona di oltre sessanta anni – diciamolo tranquillamente – fisicamente un anziano, pretende di muoversi come uno di trentotto.
Tutto questo per dire che, anche se è naturale il contrario, dobbiamo prendere l’abitudine di osservarci anche fisicamente per quello che siamo.
Come mai ci accade spesso questo “errore di valutazione”?
Ci sono due motivi di fondo.
Il primo è nel fatto che, oltre alla ricerca delle prestazioni, un altro valore particolarmente alla moda nel mondo occidentale è la giovinezza. Essere vecchi è visto come una cosa brutta, una perdita invece che un arricchimento, e tutto quello che è giovane è bello. Crediamo sia una bella sciocchezza utile solo al mondo del commercio, ma purtroppo è così. Ognuno, del resto, sceglie i suoi valori di riferimento.
Il secondo, forse più profondo, è che noi, individualmente, quando guardiamo noi stessi (diciamo la mattina, quando ci svegliamo…) ci riconosciamo sempre uguali. Se ci pensiamo bene, la persona che abbiamo davanti pensando a noi stessi, il nostro io più vero, anche se modificato dalle esperienze della vita, è sempre lo stesso. Io sono sempre io, da quando ero bambino ad oggi: sono gli altri che mi vedono diverso. Io sono giusto, sono gli altri che sono più piccoli o più grandi. È quindi difficile sentire che c’è un’evoluzione, che stiamo cambiando, spesso sono proprio solo gli altri che ce lo fanno notare.
Eppure, ora che siamo grandicelli, diciamo pure degli adulti (e questo ci fa anche comodo, ammettiamolo), ora che abbiamo trenta, quaranta, cinquanta, sessant’anni o più, dobbiamo proprio accorgerci che stiamo cambiando, dobbiamo conoscerci ed essere consapevoli quotidianamente dei nostri cambiamenti, prepararci a quelli che avverranno, inevitabili, e modificare i nostri atteggiamenti di conseguenza. Altrimenti ci facciamo male.
Ecco, non perdiamo altro tempo. È già una bella cosa aver dedicato i due minuti necessari a leggere questi appunti a queste riflessioni.
Se ci dedichiamo quotidianamente un paio di minuti per riflettere su queste cose, come un preghierina individuale dell’uomo, o della donna, che ogni giorno cambia, ci farà bene.
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