Di Clorinda Nalli, ed. Sales, Roma 1943 (?)
Tanino Tanè
sapete chi è?
E’ un piccolo ometto
un gaio nanetto,
un nano dottore
di grande valore.
Ha il viso a frittata,
il naso a patata,
tre soli capelli
gli orecchi a sportelli.
Tanino dottore
ha semplice il cuore
per ogni creatura
che soffre, ha una cura.
A mezza collina,
tra l’erba cedrina,
ha un bell’ospedale:
vi cura ogni male.
La gazza leggera
valente infermiera
sorveglia le sale
del bianco ospedale.
C’è il povero grillo
che ha preso il morbillo,
la povera rana
con febbre terzana,
il bruco mangione
con l’indigestione,
le primule rosse
che han tutte la tosse.
Di prima mattina,
tra l’erba cedrina,
Dottore Tanino
passeggia pianino.
Lo vede Cicala
vestita di gala
e chiama: “Dottore,
ho un forte dolore.
Son tanto malata,
ho un’ala slogata.
Mi vuol medicare?
Non posso volare”.
Dottore Tanè
si ferma: “Che c’è?”
e osserva Cicala
vestita di gala.
Quest’abito, amica,
è fatto d’ortica:
tra nastri, velette,
cinture assai strette
non puoi respirare,
non puoi più volare.
Ritorna al vestito
di sole guarnito
e ti guarirà
la semplicità”.
La cincia affannata
e preoccupata
racconta al dottore:
“Ho male qui al cuore.
Di sotto al mantello
ho come un martello
che batte frequente,
noioso, insistente.
Dottore Tanè,
è grave? Cos’è?”
Ascolta il dottore
il piccolo cuore
poi dice: “Piccina
non c’è medicina
per questi tuoi mali.
Riposa un po’ l’ali.
Tra i rami di un pino
un nido piccino
preparati in fretta
e in pace poi aspetta”
La cincia obbediente
aspetta paziente
tra i rami di pino
nel nido piccino.
E il piccolo cuore
con lieve rumore
scandisce: “Verranno,
verranno, verranno…
Verranno i piccini
i cinciallegrini
e tutto il creato
sarà rallegrato”.
All’ombra di un fungo
più largo che lungo,
Dottore Tanino
riposa un pochino.
Arriva Lombrico
e mormora: “Amico,
amico dottore
ho un gran raffreddore!
Stamani l’aurora
soffiava di bora
ed io poverello
col solo cappello
tra l’erba del prato
mi son raffreddato”.
Si china Tanè
“Vediamo cos’è…
O verme piccino
non basta il chinino,
ci vuole il mantello
la sciarpa, l’ombrello…
Così, poveretto,
sei nudo perfetto!”.
Ed ecco, leggera,
la gazza infermiera
riveste il malato
assai raffreddato.
Un giallo corpetto,
un verde giacchetto,
un ampio mantello
di rosso bigello.
“Valente dottore
è grande il tuo cuore…
Mi hai tutto scaldato,
non son più malato!”
esclama Lombrico
“Tu sei un vero amico.
Salute anche a te,
mio caro Tanè!”.
Fru, scoiattolino
e il suo fratellino
incontran Coniglio
ai piedi di un tiglio.
Coniglio è malato,
ha un piede fasciato,
non sa come fare,
non può camminare.
“Ascolta un consiglio”
Fru dice a Coniglio
“Andiam dal dottore:
Tanino ha un buon cuore…
Ha un bell’ospedale,
vi cura ogni male.
Avanti, carino,
andiamo, pianino…”
E vanno pian pianino
tra spighe di grano
tra rosei fioretti
dal sole protetti.
Tanino li vede
e visita il piede.
Poi dce: “Che fare?
Bisogna tagliare.
Qui c’è un pungiglione
che ha fatto infezione:
non c’è da aspettare,
bisogna operare.
Piccino coraggio,
pel quindici maggio
il bianco zampetto
ritorna perfetto”
Il bravo dottore
con pronto vigore
con gran precisione
or fa l’incisione.
Un grido e il malato
è già ben fasciato.
Odora il cammino
di menta e di timo
Dottore Tenè
è lieto di sè.
Ripensa ai malati
da lui ben curati,
riconta i feriti
che sono guariti…
cantando poi dice:
“Son proprio felice?”
Si siede un pochino
ai piedi di un pino
ch’è stanco di andare
si vuol riposare…
Ma pace non c’è
pel bravo Tanè…
Sottile una voce
tra i rami di un noce
ripete: “Dottore…
mio figlio ora muore”.
“Vediamo, vediamo,
or vengo sul ramo.
Bertuccia paurosa,
è piccola cosa!
Il tuo scimmiottino
or mette un dentino.
Ho qui una pomata
di miele rosata,
la spargi col dito
e tutto è finito”.
Lo stanco dottore
è triste d’umore
che è quasi sfinito
dal grande appetito.
Ha quattro biscotti
leggeri e ben cotti
e un bricco di tè:
il bravo Tanè
comincia a mangiare
ma deve lasciare
ché un altra vocina
si sente vicina:
“Un manto di gelo
spezzato ha il mio stelo,
ohimè, con la brina
di questa mattina”.
Risponde il dottore
con tutto il suo amore:
“O bel fiorellino
rialza il capino.
Per steli gelati,
per rami spezzati
ho qui una fialina
di penicillina.
Con grande attenzione
facciam l’iniezione.
Di qui a poche ore
passato è il dolore,
tu fiore gentile
sorridi all’aprile”.
Riprende Tanino
di nuovo il cammino.
Svolazzan gli uccelli
tra i rami novelli:
nel bosco è gran festa
ché ognuno s’appresta
con piccoli gridi
intorno ai suoi nidi.
S’avviano gl’insetti
per viottoli stretti,
e in fila, all’indiana,
van fuor dalla tana.
Le tre coccinelle,
le rosse sorelle,
con le mantelline
di raso, a palline,
si danno la mano
ché vanno lontano.
Al tiepido sole
che schiude le viole
si scioglie la brina
di prima mattina
e in rivoli ascosi
tra cespi odorosi
gl’insetti al passare
fa quasi annegare.
Le tre coccinelle,
le rosse sorelle,
in acqua cadute
son tutte svenute.
Accorre il dottore
con gran batticuore
poiché ognuna è viva
le porta alla riva.
Un fine liquore
di succo di more
per ben respirare
fa loro ingoiare.
Le tre coccinelle,
graziose sorelle,
alzando la testa
in segno di festa
ringrazian di cuore
Tanino dottore.
“Oh, quanti malati
pur oggi ho incontrati!
Oh, quanti feriti
son pure guariti…”
ripete Tanè
ben lieto di sè:
“Ormai si può andare
un po’ a riposare”.
La siepe fiorita
è tutta gremita
di nuove farfalle
che son rosse e gialle.
Vedendo Tanino
gli vanno vicino:
“Dottore, dottore,
ci manca il vigore,
volare sappiamo
ma poi ci stanchiamo.
Ci aspettano i fiori
di mille colori”.
“Dottore, dottore,
tu sei di buon cuore:
rinforza le ali
di questi animali!”.
“Miei piccoli insetti
voi siete perfetti,
ma son tempi brutti
siam deboli tutti.
Per farvi volare
non farvi stancare
di sera e mattina
ci vuol vitamina.
Venite farfalle,
le rosse, le gialle,
con queste iniezioni
sarete leoni”.
Gl’insetti graziosi
non più pensierosi
intrecciano il volo
ed è un grido solo:
“Signore Divino
il bravo Tanino
che ognun benedice
Tu, rendi felice”.
E’ già mezzogiorno
e tutto d’intorno
è pieno di gioia
nessuno si annoia.
Il buon calabrone
vuol far colazione.
Va in cerca di un fiore
di vivo colore,
di succo un po’ amaro
a lui molto caro.
Non sceglie le viole
che son sempre sole,
non vuol pratoline
che son piccoline.
C’è un verde alberello,
che pare assai bello,
con foglie all’insù
e gran fiori blu.
Sui rami si posa
con aria maestosa
comincia a succhiare
gli par di sognare
ché il liquido ardente
gli annebbia la mente.
Ohimè, che succede?
Nessuno più vede;
a un tratto è svenuto
e al suolo è caduto.
Ma il caro Tanè
presente già è.
“Mio buon Calabrone
tu sei un golosone.
Il succo che il fiore
aveva nel cuore
è cosa squisita,
ma costa la vita.
Per farti guarire,
non farti soffrire,
ci vuol nientemeno
che un controveleno.
Il buon Calabrone
con gran commozione
non sente più mali
riapre le ali.
Cmincia a ronzare
e vuol ringraziare
Tanino dottore
il suo salvatore.
Tanino s’affretta
qualcuno l’aspetta
nel posto più ombroso
del bosco odoroso.
Son qui tre nanetti
dottori perfetti,
forniti di ombrello,
cappuccio e mantello:
si chiamano Betto,
Rutilio, Folchetto.
Or giunge Tanino,
gli fanno un inchino
con belle maniere
lo fanno sedere.
Le pipe hanno accese
e in doppie riprese
la dotta brigata
si fa una fumata.
E parlano attenti,
e fanno commenti,
i quattro scienziati
sui loro malati.
E parlan di sale,
di letti, ospedale,
di gravi infezioni,
di forti iniezioni,
di unguenti pregiati
per arti gelati.
Così chiaccherando
e seri fumando
calata è la sera:
ed è primavera.
La mamma Coniglia
con grossa famiglia,
viaggia in corriera
e giunge la sera.
Con borse ed ombrelli
valigie e mantelli,
discende Coniglia
con la sua famiglia.
Ma il più piccolino
non vede un gradino,
fa un gran ruzzolone
e batte a un lampione.
Son grida! Son pianti!
Accorrono in tanti.
Che gran parapiglia!
La mamma Coniglia
arriva ansimante,
con voce tremante
domanda: “E’ caduto?
E’ forse svenuto?
Aiuto, signore,
chiamate un dottore…”
Ma ecco in gran fretta
con la valigetta
arriva da sè
Tanino Tanè.
“Vediamo, vediamo
che male qui abbiamo”
esclama Tanino
e osserva il piccino:
“E’ una contusione
non c’è infiammazione.
Mettiamo un cerotto”.
E in quattro e quattr’otto
la pena è passata
la pace è tornata
e il bravo Tanino
riprende il cammino.
Nel cielo gli uccelli
cinguettan stornelli
e mandano un grido
rientrando nel nido.
Intanto giù al suolo
in tacito stuolo
gl’insetti pian, piano
sen vanno lontano.
Già l’aria s’imbruna
e non c’è la luna
che possa schiarire
la notte d’aprile.
Il bosco s’oscura,
ognuno ha paura.
Dottore Tanino
è solo in cammino.
Or chi al passeggero
rischiara il sentiero?
“Oh, Lucciola mia,
è buia la via…
deh… corri al riparo
accendi il tuo faro,
Dottore Tanè
bisogno ha di te”.
“Non posso che ho male
si è spento il fanale”
risuona vicina
la lieve vocina.
“Non posso dottore
ho qui dentro il cuore
un battito forte…
son presso alla morte…”
“Gentil luccioletta,
un attimo aspetta,
qui posati piano
un po’ sulla mano.
Bisogna osservare
per bene curare.
Sei debole assai
bisogno tu hai
di fosforo e china
la sera e mattina”.
Il buon preparato
è appena ingoiato
che cessa ogni male
si accende il fanale.
L’insetto giocondo
rivive nel mondo
ed al passeggero
rischiara il sentiero.
La lunga giornata
è ormai terminata
e il nano operoso
ritorna al riposo.
Feriti e malati
ormai risanati
lo attendono a schiera
per dir: “Buona sera…”
Riposa Tanino
nel verde giardino
a mezza collina
tra l’erba cedrina…
Riposa, sorridi
e sogna i bei nidi,
gli ucceli canori,
i vividi fiori,
le lucide stelle,
le tre coccinelle,
la tua lucciolina
con la lampadina…
Riposa Tanino
nel fresco giardino,
è dolce la sera
ed è primavera.
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