A un certo punto anche l’allattamento ha un termine. Il più delle volte avviene naturalmente con una lenta diminuzione della secrezione; altre volte (rare, in verità) delle necessità mediche impongono un termine più rapido, e vengono talvolta prescritti dei farmaci da parte del medico, ma il loro uso è rarissimo.
E’ certo meglio, e forse anche più efficace, assecondare la fisiologia della mamma.
Il latte viene secreto grazie alla presenza contemporanea della secrezione dell’ormone prolattina (soprattutto durante il sonno), di una sufficiente idratazione, dello stimolo dato dalla suzione da parte del bambino e dello svuotamento del seno. Quindi il modo più semplice per far regredire il latte è quello di diminuire l’idratazione (bere poco) e non attaccare più il bambino al seno.
Nei primi giorni ci può essere un po’ di tensione mammaria. In questo caso si può spremere leggermente il seno per far uscire un po’ di latte ed evitare il rischio di congestione, ma non troppo per non stimolare ulteriormente la sua produzione. Di solito nel giro di qualche giorno tutto termina con gradualità.
Un rimedio tradizionale è quello di prendere il sale amaro: nient’altro che un purgante che facendo perdere liquidi diminuisce l’idratazione. E’ un rimedio superato che non vale la pena di suggerire: basta bere meno. Invece va evitata la fasciatura stretta del seno, come suggerito talvolta, perché è inutile e talvolta dannosa (aumenta il rischio di congestione).
Un altro aspetto da considerare è naturalmente la modificazione del rapporto col bambino. L’interruzione dell’allattamento non è un momento felice, di solito, ma uno dei passi indispensabili verso l’autonomia dei bambini. Spesso l’allattamento viene “trascinato”, soprattutto di notte, perché il bambino non dorme. Non siamo in questo caso nel campo della nutrizione, ma in quello della relazione affettiva con la mamma. Qui si può presentare un problema per molti motivi: di solito la qualità del sonno peggiora sia per la mamma che per il bambino, i ritmi digestivi non vengono rispettati, si entra in un circolo vizioso che lascia tutti insoddisfatti.
Ci vuole un po’ di coraggio, pazienza e tanto tanto affetto per consolare un bambino che a quel punto deve essere staccato. Qualche giorno di tenacia, una grandissima dedizione al bambino, in modo da far presente con tutta se stessa che la mamma è vicina ai bisogni del piccolo, e resistere alla inevitabile tentazione di “tornare indietro” riattaccandolo al seno, sono i punti fondamentali.
In termini più generali si può dire questo: l’allattamento è la più grande risposta affettiva che una madre può dare al suo bambino, ma crescere, cioè diventare indipendenti, vuol dire anche “staccare” l’elemento affettivo da quello del cibo. Il cibo deve nutrire soprattutto il corpo, l’affetto deve saziare l’anima. Se questa separazione non avviene, se rimane un’insoddisfazione affettiva in quel momento, ci potranno essere problemi nella relazione col cibo anche da grandi.
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